19.3.10

[Giordania] in cammello (parte tre)

Quando passi molte ore su di un cammello, il tempo non riesci più a calcolarlo.
Oramai vicini al confine con l'Arabia Saudita, in vista di Aqaba, ci accampiamo per dormire, sotto la guida esperta, protettiva e premurosa di Nasser.
Dormire nel deserto è la tappa che mette più in asia chiunque, perchè il buio in uno spazio aperto lascia comunque un senso di inquietudine. C'è la luna a rischiarare la nostra notte.
Nasser ci fa spazio, sistemiamo le coperte, ci da tutto quello che può per metterci a nostro agio e poi si sistema vicino a noi. Si dorme vestiti con due coperte, una sotto e l'altra sopra, presa dal cammello. La notte non è calda, anzi, farà freddo. Il sole cala e il tramonto è inseguito da una jeep che sfreccia nera dall'Arabia verdo noi.
Ne scende un ometto saudita, arabo, scuro, con una folta barba nera. Scende e inizia una discussione concitata con Nasser, sembra preoccupato, chiede qualcosa. Nasser gli passa una bottiglia d'acqua, lui ringrazia e scappa dietro una duna. Necessità di bere? bisogni? lavarsi? No, pregare.
Quest'uomo, ci spiegherà poi a gesti Nasser, dall'Arabia alla Giordania non aveva incontrato nessuno e non avendo nulla con cui lavarsi, non poteva fare le abluzioni per pregare al tramonto. E' forte il senso religioso in medioriente, di quest'uomo che nel deserto vaga alla ricerca di qualcuno per l'acqua, per poi nascondersi, lavarsi e finalmente, trovata la sua pace, pregare. Ammiro molto lo spirito con cui portano avanti il loro credo (molto molto distante dall'idea che ci siamo fatti noi, lontana dal fondamentalismo, lontana dai pensieri di guerra santa che ci propinano oggi giorno). Spero di trovare il modo e il tempo per poter dedicare una spiegazione quantomai lunga all'aspetto religioso dei viaggi in paesi islamici.
L'uomo, oramai rinfrancato, si ferma con noi, non parlerà con noi, ma solo con Nasser, accetterà il tea, accetterà del pane scaldato sul fuoco e prima di andar via farà un gesto che io ricordo con molto affetto, l'affetto semplice di chi arriva, vede il pane sul fuoco che si sta per bruciare, lo gira tirando via la cenere e poi va via, accennando un sorriso di complicità.
La jeep va via, i rumori si placano, rimane solo il nostro silenzio e il movimento lento, inesorabile dei cammelli. Nasser gli ha legato una zampa, per evitare che se ne vadano troppo lontani, attirati da branchi di cammelli femmina liberi per la valle. Ma questo non scoraggia i mansueti quadrupedi, che zoppicando iniziano a scorrazzare e arrivati ad un enorme cespuglio, iniziano la loro cena. La mattina dopo troveremo il cespuglio ampliamente mutilato.
Arriva il silenzio e la notte, e la luna fortissima che ci fa compagnia. Non c'è molto da fare nel deserto, se non osservarlo ed ascoltarlo, così poco dopo, stremati, ci addormentiamo.
Ricordo una notte tormentata, dal freddo e da ricordi onirici, di Nasser che si alza e scaccia via gruppi di cammelli venuti ad accoppiarsi coi suoi, a proteggere noi e la sua carovana, come i suoi avi. Immagini non lucide, di grida e di richiami per gli animali. Nasser ci porta incolumi al mattino.
La prima cosa che fa è guardarci, verso l'alba e fare il segno di "OK", interrogativo. Quando gli diciamo che si, stiamo bene, torna a dormire ancora un po', lui non ha dormito quasi, ora è il suo turno. Noi ci alziamo e ci godiamo l'alba. I cammelli sono lontani, hanno camminato, fa freddo, il freddo di chi dorme all'aperto e chi ha dormito all'aperto lo sa, è un freddo umido, di un sonno mai completo, di vestiti sempre quelli, di odori pregni che finchè non ritroveremo la civiltà non ci accorgeremo di avere, ma che dopo saranno insopportabili anche per noi.
Una volta svegli, è tempo di fare colazione e recuperare i cammelli. Aiuto Nasser, che mi manda a prendere i cammelli, uno alla volta, farli alzare, slegargli la zampa e portarli da lui, farli sedere e rimettergli la sella. Mi piace come lavoro, mi piace lavorare con questi animali, finisco per parlarci, come con i cavalli e loro sembrano tranquilli, si lasciano portare.


(...continua)