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Viaggio e fotografia ci accomuna un po' tutti.
Per tutti è naturale portarsi un qualcosa per registrare quello che succede.
C'è chi lo fa in maniera minima, chi si fa prendere dalla japponesite acuta (e costringerà poi gli altri a subire le proprie scelte con valanghe su valanghe di fotografie a fine viaggio!!)
Negli anni ho capito però che viaggiare per fotografare è molto diverso da questo.
La prima volta che ho viaggiato, in Scozia, avevo una macchinettina compatta. Mi divertii molto a fotografare, ma con scarsi risultati (all'epoca mi sembrarono accettabili, ma mi sentivo limitato dal mezzo).
Poi, quando ho iniziato a viaggiare da solo, ho sentito l'esigenza di cambiare il mio approccio alla fotografia (e nel frattempo era arrivata la mia prima bimba, la Canon 30).
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Il viaggio fotografico è un viaggio di attesa, di cambiamenti, di aspettative, tanto da diventare un vero e proprio lavoro (anche quando nessuno te lo comprerà mai) e spesso si decide di scegliere di fotografare invece che vedere altre cose. E' una vera perdita di tempo che credo possa essere realizzata solo in solitaria (o al massimo con una persona paziente e che veda in quello che fai un valore aggiunto).
Innanzitutto il problema è capire il posto, poi raccontarlo. Mi capita solitamente di arrivare in un posto e non avere la minima idea di fare fotografie, non ho proprio lo stimolo. Questa cosa col tempo l'ho capita. E' impossibile per me fotografare quello che non percepisco, quello che non riesco ad inquadrare, quello che non mi è possibile subodorare. Questo non vuol dire che non sia capace di fare foto di un posto nuovo, ma che il posto, per fermarlo, lo devo aver colto. Mi capita la stessa cosa con le persone da fotografare: devo assolutamente capirne i tratti essenziali, quelli predominanti, quelli ripetuti e caratteristici per potergli fare una bella foto.

L'altro problema è scindere tra le foto ricordo e le foto di viaggio. Di norma non faccio foto ricordo (sono veramente rarissime le fotografie che mi ritraggono in viaggio, anche perchè non le amo in situazioni normali, figuriamoci lì), non mi piace l'idea di ricordare me con la statua, la statua da sola, me la statua e la mia compagna, solo la mia compagna (negli anni ho visto degli album fotografici che mi hanno basito, ma tralasciamo).
Cosa si fotografa allora in un viaggio? Questo è assolutamente soggettivo, sia chiaro.
Io cerco l'umanità.
Non amo molto le cartoline (e anche per fare delle belle cartoline c'è da fare un bel lavoro, specialmente è necessario passare albe e tramonti in attesa del momento giusto, della scena giusta e sperare che si verifichi. Lo feci alle Orkney Island, poi ho deciso che non faceva per me, perchè sebbene le foto fossero esteticamente buone, mancavano di umanità vera).
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Il grande dramma della foto di viaggio si pone quando chi fotografa non vuole fermare attimi propri, ma vuole regalare quella sensazione a chi non c'era.
Tutti facciamo foto, ma spesso (e giustamente) la fotografia che facciamo è legata a noi da un processo soggettivo. La fotografia diventa evocativa per noi, il nostro cervello vede la foto e ricorda tutto quello che stava succedendo in quel momento, con chi eravamo, gli odori, i rumori, la sensazione che avevamo. Questa è una cosa che io giudico bellissima, perchè una sola immagine, anche dopo anni, ti aiuta a recuperare dei bellissimi ricordi.
Aimè però questo è molto molto lontano dalla fotografia di viaggio. Chi guarda le tue foto spesso e volentieri non ti conosce, non sa chi sei, non sa con che stimolo giri il mondo, non c'era e la situazione reale non la percepisce. Motivo per il quale molti scatti mossi, sbagliati, anche formalmente non corretti, per chi li fotografa hanno comunque un senso (che si manifesta in un attaccamento quasi morboso anche alle foto da scartare), per chi le guarda spesso non ne hanno affatto.
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La fotografia in viaggio allora diventa una sfida, un cercare di regalare agli altri quello che abbiamo visto, tutto quello che è legato ai ricordi, ma senza i ricordi stessi. E' una grandissima sfida e non ho idea se io ci sia mai riuscito finora, ma certamente è l'obiettivo della mia fotografia.
Allora la fotografia di viaggio diventa un racconto, un racconto per immagini. Dovrete prendere le vostre foto, selezionarle cercando di costruire un percorso dentro quel paese, un lavoro unitario, di scelte anche spesso molto dolorose, ma che permetteranno a chi non c'era di viverlo come se fosse suo.
Se viaggerete con questo scopo in testa, con questa idea, finirete a non fotografare per forza tutti i monumenti, tutto quello che è riportato sulle guide, ma lascerete spazio ad altre cose.
(...continua)