21.6.10

Cuba - seconda parte

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Se dovessi descrivere Cuba, quello che mi verrebbe da dire è che sembra un paese in guerra, in guerra da 60 anni, con il cibo razionato, il mercato nero, la volontà di fare qualsiasi cosa pur di tirare avanti un'altra giornata, con la paura della polizia, con il controllo dei documenti per i neri ogni 50 metri, con le spie che tutto sanno e vedono... tutto questo e mille altre cose, tenute insieme da una cosa talmente grande che sembra controbilanciare tutto: la Amistad.
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La amistad non è amicizia, non è buonismo, ma un senso profondo di appartenenza e compartecipazione, di capire che in una miseria che non sembra a tempo determinato, che non sta lì lì per finire, alla lunga, l'unica cosa che sembra ricambiare tutto è proprio il senso profondo di stringersi un po' tutti insieme. Forse, per noi, è davvero classificabile ai racconti dei periodi di guerra, dove in mezzo ad una grandissimi indivualità per sopravvivere, spuntavano storie di grandissima fratellanza e necessità di metter da parte tutto pur di sopravvivere. Storie che forse adesso per noi possono trovarsi ancora in piccole città, dove tutti si conoscono e nella necessità di uno, tutti fanno fronte comune.
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Così a Cuba se c'è l'uragano in arrivo, chi vive ai piani più bassi bussa a quelli che stanno sul tetto e li aiuta a blindare con le assi le finestre e poi li invita a stare da loro finchè non passa. Così se non ti vedono per qualche giorno che esci di casa, ti vengono a bussare e fanno la notte con te se stai male e si danno i turni pur di non lasciarti solo.

(...continua)