17.3.10

[Giordania] in cammello (parte due)

La mattina ci chiama presto, ci svegliano i beduini per farci fare colazione e noi che siamo in partenza, per raccattare le nostre cose.
Nasser, guide through the desert
Conosco Nasser, si presenta, è il nostro cammelliere, ci aspetta tra pochissimo, presi i bagagli, preparato tutto, sistemati e via.
E' un uomo sulla cinquantina, sarà di poche parole, quel poco di inglese che sa, un paterno "OK" ad ogni sosta, ogni tanto, per sapere quello che vogliamo mangiare, se vogliamo il tea. E' un padre di famiglia, ha tre figli e con noi si comporta da padre, ci rimboccherà le coperte di notte, veglierà su di noi.
E mentre torno da Erika per dirle della partenza, vedo lui che inizia a fare dei gesti assurdi, dei richiami apparentemente senza senso, mentre guarda la vallata. Sono curioso, che fa? Chiama i cammelli e i cammelli rispondo, si radunano da lontano e vanno verso di lui. Si vede che quella è casa sua, che è sicuro in quello che fa, che non ha bisogno di frustarli i cammelli per fargli fare quello che vuole lui (cosa che cammellieri più giovani indubbiamente fanno, per farsi obbedire). Ad un uomo così ci si può mettere in mano, farsi trasportare, farsi dirigere, consigliare, insegnare.
Ed è ancora più simpatica la scena per caricare i nostri bagagli, aiuto Nasser per gli zaini, che staranno legati su un altro cammello, più piccino. E i cammelli, quando lo vedono arrivare, fanno dei guaiti come se li stesse picchiando o che... una sorta di prevenzione e invece lui è lì che semplicemente gli mette gli zaini sopra, gli sistema la sella (un intreccio di bastoni di legno e coperte), ma la cosa divertente è che non dipende da quello che lui gli carica, anche una borraccia vuota dell'acqua li fa guaire e a noi ci viene da ridere, sembrano bambini che non vogliono andare a scuola.
Si cammina lenti nel deserto, tutto sembra a rallentatore, sei su un mezzo di trasporto lento, che non ha necessità di correre, perchè fa caldo e correre vuol dire sudare e non ha senso. Nasser ci guida, ci chiede "OK" spessissimo, ci insegna a star seduti con le gambe incrociate davanti alla sella, posizione comoda, ma per la quale ci si deve fidare molto del cammello e poi è silenzio. Un silenzio potente, dove anche la minima pianta al fruscio del vento fa un rumore fortissimo, poi di nuovo il silenzio.
Dove stiamo andando? A vedere cosa? In realtà nulla. E' questa la grandezza di un passaggio nel deserto, che non ci sono mete intermedie, è il deserto stesso la cosa da vedere, da vivere, consolatorio, ondulatorio.
Così scopriamo che ci sono zone ricche di erbe, altre meno, che i cammelli preferiscono camminare su alcuni tracciati e non amano le zone molli, di terra alzata dalle jeep.
Poi Nasser ci chiede se abbiamo fame, che è ora di mangiare. Sa dove sistemarci, sotto una grandissima roccia, che nel giro di 20minuti ci farà ombra. Scendiamo da cammello, dobbiamo imparare a scendere e salire, ma lui è pronto ad aiutare Erika che ha ancora un po' di paura. Ci fa vedere come slegare il cammello, allentargli il canestro che fa da sella, per lasciarli liberi di andare e loro vanno, ma non fuggono. Non c'è fuga, non c'è paura, c'è un'indole lenta morbida a cercare i ciuffi di erba migliore, ma a restare in zona. I cammelli costano molto in Giordania, ma fortunatamente mantenerli costa poco, il cibo se lo procurano da soli, così come le erbe medicali.
E' ora del tea, approntato su un fuoco che Nasser realizza con tranquillità e maestria, ci chiede se lo vogliamo zuccherato e al nostro sì mette una quantità spropositata di zucchero. Noi ridiamo, poi mette la sua piccola tejera direttamente nel fuoco. E' silenzioso, lento, cauto, non sapremo mai cosa penserà, ma poco importa, è nel suo mondo, è a suo agio, non sembra considerare la nostra presenza un motivo di gioia ma neanche di fastidio. Man mano che passiamo del tempo in sua presenza, ci accorgiamo che siamo noi a viaggiare con lui e non viceversa.
Il pasto è un po' triste. Per colpa di passati turisti che si sono lamentati, i beduini hanno rinunciato a cucinare per noi, così ci hanno obbligato ad andare in un supermercato e comprare quello che ci pare, è nel prezzo del nostro viaggio, non vogliono problemi, tutto quello che vuoi lo puoi portare, ma assicurati che basti per tre giorni e deve bastare anche per Nasser. E pranzare con le scatolette non è per nulla invitante. Nasser poi è molto attento ad Erika, cerca di imitare come mangiamo noi, per non andare contro un'etichetta, perchè è costretto a mangiare con noi, ma fa attenzione a mangiare come noi e non viceversa. Poi Erika finisce, si allontana a guardare il deserto e rimasti soli, tra uomini, mangia come gli pare, come gli è più comodo.
E' ora di dormire per lui, ci saranno diverse ore prima di riprendere il viaggio, perchè sotto il sole a picco non si cammina nel deserto. Così sistema dei giacigli, ma per noi dormire è impossibile, siamo nel mezzo del nulla, con un silenzio mai sentito e curiosi, iniziamo a perlustrare questo posto incantevole.

(...continua)